Per la rubrica “Racconti di villeggiatura – Estate in campagna”, condividiamo il racconto della nostra amica Valeria Sanfilippo.
La nostra famiglia larghissima ha sempre vissuto molto la campagna; le produzioni erano le più varie, dalle arance di Trigona, alle mandorle in quel di Cassibile, ai frutteti sull’Etna e così via.
Per questo per noi era normale passare parte consistente della nostra estate, e di tutte le vacanze possibili, in campagna, tutti insieme.
A far da padrona nei ricordi da bambina era l’assoluta, sfrenata libertà, l’autogestione, la sospensione del nostro status di sottoposti all’autorità degli adulti che subentravano solo per disinfettare le ginocchia sbucciate, asciugare una lacrima o dopo il crepuscolo, per scrostare via il fango, la stanchezza, e la fame conquistate da un’intera giornata di pura avventura.
Il gioco, nella natura, che non era solo gioco, era vita vera, oltre che la libertà e la gestione di noi stessi, ci ha donato un forte senso di fratellanza; lo stesso senso di appartenenza alla terra e ai nostri legami è passato di generazione in generazione, dai nostri nonni ai nostri figli.
Un personaggio di campagna, un mezzo vagabondo, Cirino, compariva di tanto in tanto col suo cavallo per la gioia di mia madre e dei suoi numerosi fratelli.
Ricordo che sulle balle di fieno ci facevamo il letto, la casa e salti memorabili e giocavamo a mosca cieca.
archivio di Valeria Sanfilippo